Better Software 2011: retrospettiva per WebDeBS

luglio 26, 2011

Con un po’ di ritardo, carico anche qui le slide che ho usato per la retrospettiva WebDeBS su Better Software, edizione 2011. Molte foto e poco testo (quello era nei miei appunti condivisi a voce, sorry :-O)

 


Pane Web e Salame

giugno 8, 2010

Il 23 Giugno parlerò, a Brescia, al Social Media Barcamp “Pane Web e Salame“.
16,00 – Carlo Beschi (Studio Synthesis) – “Social CRM. Let’s make it real. Let’s keep it open.”


Info e programma completo: panewebesalame.com/gli-speech-in-programma

pane web social e salame

pane web social e salame


In Ut Il

settembre 21, 2008

Sono su Facebook (da poco), su Twitter, su Orkut, su LinkedIn, e in un certo tot di altri social networks + o – noti.

Ma poi non ho assolutamente tempo di curarli aggiornarli gustarli farci cose

BAH

E’ che poi c’ho pure un caz di sens di colp tip calvinista o quelle cose lì, ovvero se sottraggo 5 minuti al lavoro o alla famiglia o alla cena per aggiornare twitter mi sento pure male

BAH

Almeno adesso (prima, 2 minuti fa) sono riuscito a mini-integrare wp, facebook, twitter e linkedin.

Il primo passo di una strada che non va da nessuna parte :-O


Geografia delle comunità on-line

Maggio 11, 2007

Una simpatica e interessante mappa delle comunità on-line, originariamente postata su xkcb. (E’ in inglese.) IMHO è fatta bene.

Interessante la “bussola”, che segnala che a nord sono state collocate le communities dei “pratici”, opposte a quelle degli intellettuali, a sud. A ovest ci sono le comunità orientate alla vita reale, a est quelle orientate al web.

online communities map

L’ho scovata via uno dei blog che leggo, la notte… – ma non mi ricordo quale :-/

E’ anche sul blog di fluido, ma non credo di averla vista lì, prima. Va be’, peace…


RSS: howto

Maggio 8, 2007

Oggi ho testato – lo volevo fare da un po’ – HoverLightbox. Ci farò un post domani, magari. (Fa parte della mio viaggio tra gli script per gallerie di immagini via css e javascript.)

Stamane ho letto un bel post sul blog di Raffaele Mastrolonardo che parla di RSS.

Raffaele segnala un video howto, che in tre minuti e mezzi spiega a un newbie cos’e’ un (web-based) reader RSS, come e perchè usarlo.

Niente di trendy come il video del professor Welsch sul web2.0 (The Machine is us/ing Us – vedi un mio post/recensione qui).

Comunque un video fatto bene, e utile. Sul sito di Commoncraft segnalano la disponibilità, via DotSUB.com, di una serie di sottotitolature, in varie lingue. Ecco, a quel punto sono andato su DotSUB. Ho creato un account e fatto la sottotitolatura in lingua italiana: ecco qui il video sottotitolato in italiano.

Molto bella e comoda l’interfaccia per sottotitolare.

PS: io uso, sotto Windows, Feedreader, e preferisco in generale le Desktop Applications alle Web Applications, ma questa è un’altra storia…


Net-neutrality: cos’è, e perchè è importante (per tutti)

marzo 5, 2007

Segnalo, con molto piacere, un post del blog di Raffaele Mastrolonado (per inciso, un bravo giornalista). Il post è questo. Introduce, e include, un video preso da youtube.

Argomento: la net-neutrality. Ne parlava anche punto informatico, già la settimana scorsa.

E’ un argomento che negli Stati Uniti è “hot” dallo scorso anno, quando il Congresso si mise a discutere – sotto la pressione di grosse compagnie, del calibro di AT&T, Verizon e Comcast – di una modifica alla normativa statunitense in materia di comunicazioni.

Obiettivo delle multinazionali: privilegiare certi contenuti (i loro). E ai grandi provider di accesso americani piacerebbe poter garantire ai grossi gruppi tv corsie preferenziali. (In Italia, per fare un parallelo: io sono Telecom e faccio un accordo con Mediaset per cui tutti lei mi paga tot e in cambio tutti quelli che si connettono tramite la mia ADSL quando accedono ai siti Mediaset scaricano 10 volte + veloci dai siti rivali, o da quelli di anonimo pincopallino).

Oggi come oggi la rete trasmette dati.

Non discrimina tra questo minuscolo blog e il sito della Fox. Alla Fox, ovvio, non piace. E domani, potrebbe non essere più così. Certi bit potrebbero avere la precedenza. Certi contenuti, non “certificati”, “sospetti”, essere rallentati o bloccati. Ecco perchè si sono mossi in tanti, negli Stati Uniti, lo scorso anno – da Google al cantante Moby – per proteggere la “neutralità della rete”.

Cosa si intende per rete neutrale?

Nelle parole di Tim Berners Lee “il diritto di due utenti che pagano entrambi per avere un accesso di alta qualità alla rete, a poter comunicare tra loro ad alta qualità”. Detto così, sembra qualcosa di astratto. Nella pratica, si traduce in un modo di pensare internet – e di definirla.

La rete trasporta i bit, che noi immettiamo. Per sua natura è aperta, orizzontale. Multipla. Era così ai suoi inizi, internet, e per molti versi lo è ancora oggi. Ma…

Non è esattamente la rete che hanno in mente i grandi gruppi mediatici, le multinazionali multimediali, che producono i contenuti.

L’alleanza tra grandi gruppi mediali (fornitori di contenuti) e grandi internet service providers (fornitori di accesso) immagina – e vuole tradurre in legge, inizialmente, ovvio, negli USA – una rete controllata. Una rete che discrimina. Che privilegia certi contenuti, e per altri limita o impedisce la diffusione.

Una rete che implementa e accompagna i sistemi anticopia (i cosiddetti DRM, Digital Rights Management). Una rete che controlli cosa ascolti, vedi, leggi sul tuo pc. Cosa scrivi, cosa condividi. Una rete che piace anche ad altri colossi – Microsoft in testa.

Le proteste dello scorso anno hanno impedito che il Congresso americano approvasse una legge, magari in modo un po’ rapido e non troppo rumoroso, che gettasse le basi legali per questa rete “a corsie preferenziali”. Ma la discussione continua…

olui che ormai è conosciuto – abbastanza a ragione 😉 – come “il padre del web”, ha parlato proprio oggi negli USA, davanti al Congresso: rimando ancora a Punto Informatico, per leggere cosa ha detto. Argomento, ovviamente: la net neutrality. (Su Google Video si può vedere l’intera audizione).

C’è chi immagina una rete molto più simile a dei canali tv. Sono gli stessi che tollerano la rete odierna, ma non ne apprezzano le dimensioni libere, decentrate, policentriche, diffuse. Sono gli stessi che gridano alto contro i mille pericoli che derivano dalla libertà.internet freedom

We, the media. A loro non piace proprio. E non si arrenderanno facilmente. Una volta è il terrorismo, una volta la pornografia, un’altra la tutela dei minori, un altra la tutela dei diritti degli autori. E ogni volta, una nuova restrizione. Perchè quello che vogliono, è una “democrazia” senza partecipazione.

Una “democrazia” fatta di consumatori obbedienti.
Obesi di veline e di illusioni. Mansueti, impauriti. Dipendenti.

Risorse:


Joost. E altre quotidianità

marzo 2, 2007

Ho un invito (token) per fare da betatester a Joost. Chi interessato mi lasci la sua mail.

[you can skip this]

Oggi è un giorno strano – misto di cose che non vogliono andare per il verso giusto e di piccole ma deliziose sorprese. E di mal di testa :-/

Ho passato il pomeriggio a sbatter la faccia contro la carousel.js, una delle librerie di cnet che sfrutta mootools. Serve a fare questo. Vorrei capire cosa sto sbagliando…) A domani, carousel!

Ho ricevuto un paio di telefonate di ringraziamento (un regalo ricevuto, un lavoro trovato) e una mail (per un suggerimento dato) che hanno pareggiato i conti.

Ho fatto un giro su technocrati. Questo bloggettino, nato un mese fa come “angolo catartico” [ovvero: scrivere mi fa bene, su qualsiasi supporto, di qualsiasi argomento. E non lo stavo facendo da mesi], mi sta appassionando. E quindi lo voglio curare. Fare le cose bene.

Technocrati è sicuramente uno strumento utile e intelligente per connettere il mio minuscolo blog al resto della blogosfera.

Mi sono registrato un paio di settimane fa. E settimana scorsa su Digg. Voglio crescere. Crescere. Fare soldi. Avere successo. (?!?)

Sperimentando. Sto scoprendo il potere dei tag. L’altro giorno ho scritto un post sul tizio che metteva dei filmatini hard
della moglie (ripresa, pare, di nascosto) su video.libero. Una cosa passata al tg5. Il nick del tale era spiaremiamoglie. Beh, ho associato al mio post il tag “spiaremiamoglie”. E in tre giorni quasi 2000 persone sono venute a leggersi il post.

(Qui si potrebbe aprire una parentesi su cosa cerchiamo in rete, ma la rimando a un post successivo).

Insomma questo era un bloggettino da nulla, iniziato da poco, che non avevo ancora segnalato agli amici, che non includo nella firma delle mail… e mi ci vengono su mille persone al giorno. Ai ripari! Ai ripari!

[/end skippable part]

joost logoIdiozie a parte. Continuerò a scriverci di javascript e Ajax e webdesign e altre cose che mi appassionano. Di web2.0, di politica internazionale, di cinema, di attivismo, di informatica opensource, di letteratura, di Brasile.
Ah, e di Joost.

Il post partiva da quello. Ero su technocrati, appunto, mezz’ora fa. Tra le parole + cercate oggi c’è appunto Joost.

Al che mi sono ricordato che, come suppongo agli altri betatester, Joost un paio di giorni fa mi ha dato due token, per invitare due persone a beta-testare anche loro la televisione peer to peer. Ho già scritto, sinteticamente, di Joost.

È un’applicativo carino e con molto futuro, anche se con dei limiti, al momento, sia per i contenuti che per altro.

E… siccome i tre anni in Brasile su una spiaggia semi-deserta mi hanno rasato via il 90% dei contatti che avevo, qui.

E, siccome tra gli amici del Circolab nessuno ha dimostrato interesse a provare Joost… se qualcuno ha letto fin qui e vuole provare la joost television, può lasciarmi la sua mail. (Nota: al momento non esiste un client Linux. Solo Win e Mac. Servono un pc decentemente potente e una connessione adsl.)

Martedì 6 manderò gli inviti.


Mootools: sto arrivando…

marzo 1, 2007

Un paio di mesi fa ho deciso: ci sarà Ajax, nel mio futuro. (“There’ll be AJAX in my future”)

Nel mio presente c’era l’html (ma non l’xhtml), un po’ di css (ma non troppi), un po’ di php (le basi), poco altro. E voglia. E, un minimo di predisposizione.

Ho dato i primi morsi. XHTML. DOM. Una figata, il DOM. Javascript. Di cui avevo un’idea non molto dettagliata e sostanzialmente sbagliata (credevo che fosse da evitare, per il possibile, per il carico lato client, e che servisse per lo più a produrre effettini di contorno luccicanti e poco utili).

I primi esempi, semplici semplici, di implementazione di Ajax (tramite questo tutorial di html.it).

Una deriva, semilaterale, sull’XML. Qualche miglioramento con il PHP.

E Javascript. Esperimenti con gallerie di immagini. Confronti (thickbox, lightbox, smoothgallery). Fare girare le librerie. Metterci gli occhi su, in attesa di capire come metterci le mani. Le prime, minime, personalizzazioni (customization).

Mootools. mootools logo Ieri era la quarta o quinta volta che ci finivo, sul sito.

Un ambiente di sviluppo (framework) object-oriented in/per javascript. Finivo sul sito perchè nelle mie mezze giornate dedicate al webdesign (complementari allo studio, alla teoria) capitavo su siti belli belli che scoprivo usavano mootools.

Puoi fare delle cose meravigliose con mootools. Non pesanti. Altamente compatibili. Largamente accessibili. Siii… (“this is what i want, this is what i need”)

Dalle prime visite al sito ho capito che ero un novellino a cui poteva dare/dire poco: solo inglese, documentazione non abbondante e molto tecnica. (Where do you want to go, my little Carl0z?)

E però non mi ero scoraggiato, anche perchè mi piaceva, e piace, molto, che a capo del team di sviluppo ci sia un italiano, Valerio Proietti. Che lavora per la web agency romana mad4milk. E… evviva!

Avevo scaricato le librerie. Hanno riposato qualche settimana sull’hard disk.

Ho fatto il mio primo sitarello usando ajax, nel frattempo. Per ora è su localhost, ma solo per un altro paio di giorni (content editing).

Quindi, ieri sono passato all’attacco (all’assaggio). Anche perchè ho scoperto che al tutorial, finalmente, è stata aggiunta una beginners guide. Con tanto di esempio base di utilizzo. Sufficientemente chiaro e alla portata di quelli come me.

Mootools… i’m coming!


Zoro. Anche lui è 2.0!

febbraio 20, 2007

Non guardo molta tv. Ma si parlava di televisione, a cena. Di come i gggiovani e i consumatori + interessanti si cibino ormai quasi solo di satellite e rete, e della parallela deriva (ulteriore!) della tv generalista, via etere.

Andrea mi dice di cercare Zoro, in rete. Che fai dei riassunti esilaranti del Grande Fratello su youtube. Fatto. Colpito.

Zoro mi piace. Zoro è molto due punto zero.

L’ideatore del personaggio è tale Diego Bianchi, che ha un blog su excite e pubblica i suoi video-riassunti del GF su youtube.

I video di Zoro sono: divertenti, molto, e informativi. Se uno vuol sapere cosa è successo in una settimana dentro la casa del Grande Fratello, e soprtattutto in tre o quattro ore di diretta su Canale 5, tramite Zoro ha un riassunto che mi sembra del tutto, sinceramente, giornalistico.

I video sono del tipico “user generated content”, (in italiano: dei “contenuti generati dagli utenti”). Uno dei fondamenti del web 2.0, secondo i vari guru. (Flickr, youtube, myspace, del.icio.us etc sono tutte piattaforme dove i contenuti sono prodotti, prima, condivisi, poi, segnalati/recensiti/… dagli utenti).

In questo senso la copertina del Time con l’uomo dell’anno era dedicata a chi si collega in rete, e “produce senso”.

Meglio, i contenuti di Zoro sono user REgenerated content. Zoro mixa le immagini della tv con le video-riprese dei suoi commenti, e ci aggiunge sequenze cinematografiche d’archivio, siparietti teatrali autoprodotti e spudoratamente amatoriali.

La tecnologia alle masse, no? Significa questo (e significa anche le riprese con i video-fonini dei bulli a scuola, e tre macchinette digitali ogni quattro persone in platea ai convegni di Forza Italia, e mille altre cose). Significa che i mezzi sono alla portata di tutti, o quasi (almeno alle nostre latitudini). Per cui la differenza la fa la creatività…

(Quelli di Rekombinant – un po’ snob, imho, ma assai intelligenti… – lo dicevano già quattro cinque anni fa. “We don’t need communication. We need creation”.)

E con la sua cretività Diego ci regala delle sovrimpressioni stile tv in cui scorrono i(potetici) messaggi sms. Che aggiungono altro grasso alle risate.

zoro

Insomma, paradossalmente, ma come si è già visto e si continuerà a vedere… – il GF investe milioni e stufa, è palloso, scontato perfino per i suoi aficionados.

Perde audience (il che ovviamente per un programma tv che costa un sacco di soldi è molto ma molto più grave che per un blog, o per un video autoprodotto!).

(Io non ne capisco molto di tv, ma immagino che per quelli che producono un programma che inizia a perdere audience deve essere qualcosa tipo per un uomo svegliarsi la mattina e vedere che stai perdendo un sacco di capelli… Rischi di andare in panico). Zoro invece diverte. Costa quattro lire e fa successo.

Ma Zoro è 2.0 per almeno un paio di altri motivi.

Diego seguiva già negli anni scorsi il GF, ed è stato pure tra il pubblico “fuori dalla casa”, con il conduttore che gli chiedeva chi sperava che (non) venisse escluso. Le riprese, con intelligente auto-ironia, sono nei tube-video dello stesso Zoro. Insomma Diego si è re-inventato.

Non so cosa diavolo ci facesse a Cinecittà nè che edizione del GF fosse – dal suo blog mi pare di vedere che sono anni che si occupa di sta roba. (C’è un Tafazzi in ognuno di noi?)

Insomma, Diego è un po’ come la Fiat Bravo. Molto 2.0.

Ma ancora, estremamente più 2.0 è il fatto che Diego lavori per Excite (che per quanto mi riguarda è uno dei mille portali che ci sono in giro… non molto 2.0 😀 – anche se vedo sul sito che fa parte di un gruppo abbastanza vasto e multinazionale) e lo si veda esplicitamente all’inizio dei tube-video: c’è la schermata con la pubblicità del portale.

Dubito che la mossa faccia parte di una strategia coordinata di marketing di Excite Italia – ipotesi affascinante, ma difficile da accreditare. Marketing virale.
Di sicuro i video di Zoro valgono quanto, o più, di mezza pagina su Repubblica.

Io, carloz, vedo il video e penso “il tizio è in gamba”. Ed è evidente che il tizio usa Excite. Equazione: tizi in gamba usano Excite. Che è ovviamente la stessa logica del “la modella x usa D&G, anche io voglio essere fica come la modella X, vado a comprare i jeans D&G”. Con delle differenze (tra cui il fatto che Zoro abbia per me, carloz, una credibilità, da spendersi, che la maggior parte dei marchi, e delle istituzioni, non hanno).

Esempio simile: le iene,trasmissione di italia1, pubblica sul sito un sacco di video. E usa la piattaforma di libero.it. Facendogli un sacco di pubblicità (qui ovviamente c’è in ballo un qualche tipo di accordo commerciale, però, suppongo).

Ovviamente la rete, le dinamiche di rete, i social network (e i data-mining collegati) sono tra le nuove frontiere della pubblicità.

Inciso finale: la pubblicità così – schermata iniziale – mi sembra efficace e poco fastidiosa (2 su 10 di fastidio).

W Zoro. 5 minuti a settimana continuerò a dedicarglieli volentieri.


Web 2.0: The Machine is us/ing us

febbraio 17, 2007

C’è un bel video, su youtube, che cerca di spiegare il cosiddetto web 2.0. Il video è questo.
Il video è bello: stile quando gli americani fanno le cose bene. Ovvero è chiaro, pragmatico. (Le cose americane fatte bene, spesso, si conformano alla massima KISS – Keep It Simple, Stupid).

In cinque minuti, e in modo piacevole, racconta l’evoluzione dal testo cartaceo a quello digitale, dall’HTML all’XML, dai primi siti web a quelli di oggi.

Non va preso come una verità rivelata, ma è sicuramente utile, specie per esemplificare le cose a chi ne sa/capisce di meno, di nuove tecnologie.

E’ bello vedere che è uno dei video + popolari su youtube.

Lo ha ideato, e messo on-line, il professor Micheal Wesch, nell’ambito di un progetto di Etnografia Digitale dell’Università del Kansas.

Il video mi è piaciuto, ci ho curiosato intorno.

Viene segnalato, in questo bell’articolo (in inglese), di Inside Higher Ed, come “esempio vincente” di video virale (la sua popolarità è iniziata con un passaparola via e-mail tra colleghi di Wesch).

Ho letto una trascrizione del video. Ho pensato di tradurla in italiano. Dopo venti righe, ho scoperto che esisteva già una traduzione italiana.

Meglio: dopo la trascrizione inglese del danese Justaddwater.dk, Claude Amansi (della svizzera italiana, mi pare di capire) ha usato la piattaforma di mojiti per “sottotitolare” il video su web.

Mojiti semplicemente recupera i video streammati da altre piattaforme, come youtube, e permette agli utenti di fare annotazioni, stile fumetti o sottotitoli.

E’ un servizio tipicamente web 2.0, direi. Di mash-up (stile mojiti, ma anche last.fm, yahoo pipes, etc etc) mi propongo di scriverne, poi.

Insomma ho scoperto che Claude aveva usato la trascrizione inglese per commentare il video, e poi l’aveva anche tradotta in italiano. In modo direi discreto.
Io sono uno (stronzo?) perfezionista.

Ho ripreso la sua sottotitolatura, e le ho dato delle aggiustatine – sia come lessico che come time-code.

Ecco il risultato (questo video lo inserirei volentieri, ma wordpress non ha – per ora – un plugin per gestire oggetti video di mojiti.com):

mojiti.com/kan/2024/4125